Fu grazie agli esiti del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 che nacque la Repubblica Italiana. Il Paese era appena uscito dalla seconda guerra mondiale e dalla drammatica esperienza fascista. Le Acli accolsero con grande entusiasmo la notizia, anche per il successo elettorale della Democrazia Cristiana che risultò, di gran lunga, il partito più votato dagli italiani. La grande consultazione elettorale ha espresso la volontà del popolo italiano. Sul piano istituzionale la risposta è stata: Repubblica. Sul piano politico la vittoria è arrisa ai democratici cristiani, che hanno distanziato e quasi doppiato il secondo partito – quello socialista – seguito da presso da quello comunista. […] È nata la Repubblica italiana. Una suprema sanzione, di carattere soprattutto morale, ha suggellato il destino della monarchia. Non è l’ora delle irrisioni, non è l’ora delle passioni, poiché una superiore esigenza di concordia deve spingere tutti alla comprensione pure verso coloro che, la gran parte con onestà e buona fede, optarono per una soluzione diversa. Nelle grandi decisioni politiche è raro che non si trovi per le diverse alternative una qualche giustificazione; né poteva essere diversamente in questa occasione. Ma il giudizio del popolo ha giustamente intuito la più grande giustificazione che, nell’attuale momento politico, ha sostenuto la posizione repubblicana. Vi sono situazioni nella storia nelle quali i reiterati errori degli uomini travolgono gli istituti. Noi, usciti dalla servitù e nell’abisso a causa della servitù, non potevamo decidere diversamente, senza quasi compromettere la sincerità e la fermezza della nostra ribellione al periodo fascista. L’esigenza di un netto rinnovamento non poteva prescindere da tale sanzione. E ora, rinnovati, dobbiamo avviarci alla ricostruzione. Ma sarebbe inutile illusione credere che il rinnovamento sostanziale possa essere ottenuto solo con il mutamento di un istituto. La Repubblica che, teoricamente è la più democratica forma istituzionale, per essere vitale richiede più che mai il consapevole, costante contributo dei cittadini. (“Fierezza e responsabilità” articolo di Dino Penazzato in “Il Giornale dei lavoratori n.23 del 9-16 giugno 1946) Il Consiglio di Presidenza delle Acli riunitosi l’11 giugno 1946 così si espresse: […] invia il suo augurio alla nuova Repubblica italiana, nata dalla volontà popolare, nella fiducia che essa realizzi le aspirazioni dei lavoratori ad una sana libertà e ad una concreta giustizia sociale. Il Consiglio ha espresso il suo compiacimento per l’attività dovunque svolta dalla organizzazione durante la campagna elettorale e per il valido contributo recato dalle Acli all’affermazione dei comuni ideali cristiani e si congratula con i dirigenti e soci delle Acli eletti nelle liste della Democrazia Cristiana a far parte dell’Assemblea Costituente, certo che essi sapranno affermare l’esigenza di una decisa politica sociale che assicuri al lavoro il posto che gli spetta nella vita del Paese. (Seduta del Consiglio di Presidenza Acli – Roma, 11 giugno 1946) Nelle elezioni del 2 giugno 1946 furono 32 gli aclisti eletti nell’Assemblea Costituente, cioè l’organo legislativo preposto alla stesura della Costituzione della neonata Repubblica Italiana: Bacciconi Luigi, Balduzzi Luigi, Belotti Giuseppe, Bonomi Paolo, Caiati Italo Giulio, Castelli Edgardo, Clerici Edoardo, Colombo Emilio, Federici Maria, Germano Attilio, Grandi Achille, Guidi Cingolani Angela, La Pira Giorgio, Mannironi Salvatore, Manzini Raimondo, Montini Ludovico, Morelli Luigi, Nicotra Fiorini Maria, Notarianni Giuseppe, Pastore Giulio, Ponticelli Francesco, Rapelli Giuseppe, Restagno Pier Carlo, Riccio Stefano, Rumor Mariano, Schiratti Guglielmo, Storchi Ferdinando, Tessitori Tiziano, Titomanlio Vittoria, Togni Giuseppe, Trimarchi Michelangelo, Vanoni Ezio.
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