Anno 2022, un anno difficile. Sembra che, dopo due anni, stiamo uscendo dalla pandemia del Covid ma ecco che in Europa scoppia la guerra e il conflitto al fronte ucraino ci porta in un nuovo incubo e in una vita ancora in allarme, soprattutto con la paura del nucleare.
Però ci sono tante piccole battaglie che eppure non vanno dimenticate. L’8 marzo è il giorno in cui vanno ricordate le lotte fatte e le lotte che ancora si stanno facendo da parte delle donne per le donne.
I diritti delle donne in alcuni angoli del Mondo, a volte dimenticati, si combatte per i diritti fondamentali: diritto alla libertà, diritto allo studio, diritto alla propria dignità e alla propria persona, diritto ad essere donna, rispettata in quanto tale.
Nell’Occidente del Benessere, così chiamato, e soprattutto nel nostro Bel Paese, l’Italia, si combatte per la parità salariale.A tal proposito il Coordinamento Donne Acli e l’Area Lavoro delle Acli Nazionali hanno inteso approfondire il tema della disparità di genere nel nostro Paese, con specifico riferimento a quella retributiva e previdenziale, cercando di rilevarne l’esistenza, le dimensioni e gli effetti prodotti. Per questo motivo è iniziata una ricerca basata sull’analisi di sondaggi, questionari e dati.
Secondo i dati Istat di febbraio 2021 la retribuzione oraria è pari a euro 15,20 per le donne e a 16,20 per gli uomini; il differenziale retributivo di genere è più alto tra i dirigenti (27,3%) e i laureati (18%). Inoltre, su 101.000 nuovi disoccupati, 99.000 sono donne.
Gli anni della pandemia hanno messo a dura prova le famiglie ma soprattutto le donne a cui spesso viene affidato il lavoro di cura: il lavoro domestico, di cura dei figli e/o degli
anziani in famiglia. Solo nel primo anno della pandemia, nel 2020, dei 444mila occupati in meno registrati, il 70% è costituito da donne. La pandemia ha marcato la disparità di genere nel mondo del lavoro dove già c’erano criticità.
Il gender pay gap mondiale, cioè la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini, è intorno al 20%. L’Italia continua a perdere posizioni nelle classifiche dei paesi che attuano la parità salariale. Ma c’è purtroppo proprio un problema di occupazione femminile. Il Censis fino all’inizio del 2020 rilevava che le donne rappresentano circa il 42% degli occupati complessivi del paese e il tasso di attività femminile si piazzava al 56% circa, contro il 75% degli uomini. Il 2020 ha fatto precipitare ulteriormente le cose.
Le donne lavorano nei settori che hanno riscontrato più problemi, ad esempio il settore servizi, cura della persona e domestico. Non dimentichiamo che spesso hanno contratti con poca stabilità, come il part-time. L’emergenza sanitaria, oltre ai vari danni di salute, fisici e psichici, ha fatto notare ancora di più, e forse nel modo peggiore, ha fatto emergere il problema della disuguaglianza tra uomo e donna nel mondo del lavoro.
Le donne, capro espiatorio di questo periodo pandemico e post-pandemico, si trovano con bassa occupazione, salari ridotti e contratti precari. Paradossalmente anche la “soluzione” smart-working non è stato altro che un ulteriore aggravante che è andato a infierire sulle spalle delle donne, impossibilitate a separare le due responsabilità, quella lavorativa e quella familiare, sia dal punto di vista dello spazio che del tempo.
L’8 marzo allora, giornata internazionale che celebra la donna, deve esser un giorno di consapevolezza sia da parte degli uomini che dalle stesse donne, sia da parte delle aziende che dei lavoratori e lavoratrici, sia dai sindacati che dalle associazioni, che i diritti vanno conquistati, mantenuti e rispettati. Ci deve essere una presa di coscienza sul grave e ingente compito delle donne nelle famiglie. Gli uomini devono essere più presenti nelle famiglie e il lavoro di cura appartiene a ogni componente della famiglia, indipendente dal genere a cui si appartiene. Inoltre la donna deve avere la possibilità di potersi realizzare grazie ad aiuti concreti, incentivi, bonus, asili, centri diurni che possano contribuire nel sostegno dei doveri familiari, ma soprattutto che ci siano incentivi, borse di studio, progetti lavorativi, start-up che possano soddisfare e valorizzare l’aspetto lavorativo, creativo, dirigenziale, delle donne in qualsiasi settore professionale.
La risposta deve essere immediata affinché, in ambito economico e sociale, ma anche psicologico e privato, non ci siano conseguenze devastanti a lungo termine.
Il compito è arduo, ma va progettato, applicato e attuato, mettendo in rete le realtà (associative, sindacali, aziendali, pubbliche e private, sanitarie, cooperative) del territorio, con un nuovo concetto di Welfare che non riguardi la semplice erogazione di servizi o di sostegno economico, ma che coinvolga attivamente tutti i soggetti della rete, a partire dal destinatario di tale progetto, vale a dire la donna.
Giorgia Spurio
Coordinatrice Regionale del Coordinamento Donne Acli Marche
Scarica l’articolo pubblicato sul Corriere Adriatico del 10/03/2022 nella rubrica Lettere&Commenti
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