In Italia la crisi della politica rischia di trasformarsi in crisi della democrazia. Per questo non dobbiamo cedere alla tentazione dell’antipolitica: la critica generalizzata contro tutta la politica è sbagliata, così come è sbagliato demonizzare i partiti. Certo serve una buona politica, una politica diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi anni.
Ma dobbiamo essere consapevoli che se non c’è la politica, il governo del Paese resta tutto nelle mani dei poteri economici forti; è inaccettabile che sia l’economia da sola a decidere, sulla base dei soli interessi economici, il futuro dell’Italia. Non può e non deve farlo, anche perché con la crisi esplosa nel 2008 abbiamo sperimentato dove ci stanno portando un mercato senza regole e una economia finanziaria mossa unicamente dalla ricerca di investimenti speculativi.
Se vogliamo cambiare davvero, l’unica soluzione possibile sta nella partecipazione dei
cittadini. La “vita buona” del Vangelo richiamata nel titolo di questo Corso di formazione si testimonia annunciando la “buona novella”, ma anche promuovendo luoghi di cittadinanza attiva.
Occorre favorire la nascita di luoghi dove si affrontano i problemi che interessano la gente: il lavoro, la salute, la scuola, la famiglia, l’ambiente, il funzionamento della pubblica amministrazione; luoghi dove ci si confronta pacatamente ma seriamente con sindaci e assessori nel merito dei problemi e dove si impara a svolgere un’azione di controllo sull’operato degli amministratori locali.
Questo è il contributo che oggi ci è richiesto: formare cittadini attivi e consapevoli, che si impegnino nella società mossi non da interessi personali ma dalla ricerca del bene comune. Cittadini capaci di fare alcune scelte precise: operare per ricostruire rapporti sociali solidali, recuperare il senso dello stare insieme e più in generale rafforzare il senso dello Stato, praticare la giustizia, ridare centralità al lavoro riducendone la precarietà, prestare attenzione alla crescente povertà sostenendo concretamente i più deboli; infine, ma non da ultimo, affrontare l’emergenza giovanile, perché un Paese che non offre un futuro ai giovani non ha futuro