Alla fine dell’anno gli italiani avranno speso 88 miliardi contro gli 84,5 del 2014, ritornando così, dopo due anni di calo, alla cifra record del 2012 quando si giunse a 88,5 miliardi. Anno record dopo una crescita galoppante (basti ricordare che nel 2000 si era ad appena 14 miliardi) e senza paragoni in Europa. In Spagna, ad esempio, si spendono “solo” 24 miliardi.
Niente crisi, dunque, per “azzardopoli” che ha ancora il suo zoccolo duro nelle slot. Sono, infatti, ben 340.785 le “macchinette” attualmente in esercizio in bar e altre sale, oltre a 34.077 “parcheggiate” in magazzino.
Mentre le Vlt, gli apparecchi che permettono vincite fino a 500mila euro, sono 51.971 in 4.864 sale dedicate. Dati, questi ultimi, riferiti dal ministero dell’Economia in risposta ad un’interrogazione in commissione Finanze della Camera presentata dal deputato di Sel, Giovanni Paglia.
Una risposta nella quale vengono confermati i dati sui centri scommesse, contenuti nella legge di stabilità, dai 5mila illegali ancora presenti ai 15mila che si vuole mettere a gara il prossimo anno, in calo rispetto agli attuali 17mila ma anche alle iniziali intenzioni del governo che puntava su 22mila.
E l’Esecutivo, come anticipa ad Avvenire il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, la prossima settimana presenterà alcuni emendamenti alla Legge di Stabilità sul divieto, non totale però, della pubblicità dell’azzardo, sul prelievo fiscale e sui poteri dei comuni. E proprio sulla Legge di Stabilità, e sugli emendamenti, poi non segnalati dai gruppi parlamentari alla Commissione Bilancio della Camera (come abbiamo raccontato ieri su queste colonne), che intendevano “compensare” i comuni con più sale gioco, arrivano gli strali del mondo “no slot”.
Don Armando Zappolini, portavoce della campagna “Mettiamoci in gioco” parla di «proposte inaccettabili. Vista la grave crisi finanziaria in cui versano tanti enti locali – accusa – l’offerta dell’azzardo crescerebbe senza alcun dubbio, mentre siamo tutti d’accordo sul fatto che, già oggi, si è passato il segno. Chiediamo, dunque, al Parlamento e ai partiti di rigettare tali proposte, che favoriscono solo la lobby dell’azzardo, cercando di comprarsi l’appoggio dei Comuni, senza tenere in minimo conto l’interesse dei cittadini».
E anche Italia Unica, il movimento guidato da Corrado Passera, denuncia «un agguato alla salute e al buonsenso. Qui non è questione di lobby o di incassi statali da garantire. Si tratta piuttosto della direzione sbagliata su un progetto sbagliatissimo, quello appunto che tutela a nome dello Stato la ludopatia (e gli interessi che giocano, questi sì, alle spalle del tutto). Un vero azzardo, sulla pelle delle persone», conclude la nota».
Tutto questo, come detto, in un momento di crescita del mercato dell’azzardo. Come segnala il sito specializzato Agimeg, in testa alla spesa sono le slot passate da 25,3 miliardi a 25,7, seguite dalla Vlt in fortissimo aumento da 21,4 miliardi a a 23,2. Seguono poker online e casinò game con 12,2 miliardi, il “gratta e vinci” con 9 miliardi, il Lotto con 7,1. Per quanto riguarda la distribuzione troviamo in testa la Lombardia con 13,8 miliardi spesi, seguita da Lazio (7,6), Campania (6,8), Emilia Romagna (6), Veneto (5,8), Piemonte (4,9), Toscana (4,5), Puglia (4), Sicilia (3,8), Abruzzo e Liguria (1,9). Tutte regione con la spesa in crescita tranne il Trentino Alto Adige che cala del 3,4% rispetto al 2014.
Non molto diversa la classifica delle quantità di slot, come appare nella risposta del ministero dell’Economia, all’interrogazione. In testa la provincia di Roma con 21mila apparecchi, segue Milano con quasi 16mila e poi Napoli con poco meno di 15mila. Per le Vlt torna in testa la Lombardia con 9.798, seguita da Lazio (6.480) e Emilia Romagna (5.215).
Per quanto riguarda i concessionari di slot la classifica è guidata da Lottomatica (58.888), e poco sotto il gruppo Snai-Cogetech (oltre 55mila) e Bplus (54.296). E Lottomatica è in testa anche per le Vlt (11.091), seguita sempre dalla neocoppia Snai-Cogetech (quasi 10mila) e Gamenet (7.325). Numeri enormi che ora il governo vorrebbe ridurre. Vedremo la prossima settimana.
Avvenire del 5 dicembre 2015